Apparizione di Paitone (BS)
Agosto 1532
Beata Vergine di
Paitone |
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Dove l'arte illuminata
dalla fede, produsse capolavori: la madonna del sordomuto.
Narrano i libri esistenti
negli archivi della Chiesa di Paitone: «Traeva stentata la vita con le
fatiche dello sue mani un povero giovane della terra di Paitone, chiamato
Filippo Viotti, il quale, fino dalla sua nascita privo dell’uso di
favellare, temeva però Dio e, con atti di cristiana pietà, lo venerava e
obbediva.
In un giorno dell’anno 1532, mentre nel parco suo vivere questo buon
fanciullo raccoglieva sopra una collina acerbi frutti, detti more, dagli
spinosi cespugli gli apparve all’improvviso, assisa sopra di un sasso, la
Santissima Madre di Dio, ammantata di bianca veste e coperta di velo
brunato, la quale, riempiendo il di lui cuore d’insolita gioia,
significogli di voler essere Ella la Protettrice del popolo di Paitone.
Onde volesse egli avvisare i Reggenti di quel Comune perché colà
fabbricassero a di Lei onore un tempio, dal qual sortir dovevano larghi
doni della sua misericordia.
Confuso nel suo contento
il buon giovane, dimostro con cenni di essere per la sua mutolezza
inabile ad eseguire il comando. Ma la potentissima Vergine, nelle di cui
mani Dio ha posto la Salute di ogni infermità snodò tosto la di lui lingua
acciò questo miracolo servisse a confermare la verità dei di lui detti.
Allegro per la ottenuta grazia, il contadino corse a compiere il comando
della Madre di Dio. Né potevano i Reggenti negare fede alla prodigiosa
voce di un mutolo, che giammai aveva proferito sillaba per lo addietro;
onde, bramosi della celeste protezione a loro promossa, diedero in mano
con sollecitudine alla casa fabbrica, che tosto si ridussero a
perfezionare sullo stesso luogo ove avvenne l’Ammirabile
Apparizione”
Il Santuario
Venne in tal modo eretto uno splendido Santuario in onore della Vergine.
L’altare, tutto in marmo, posa proprio sulla pietra ove posò i piedi la
Gran Madre di Dio; pietra che è dato di vedere ad ogni devote.
Un secondo
miracolo
« Perché in più espressiva maniera ai posteri restasse la memoria del
grande avvenimento, ordinarono i Rettori ad Alessandro Bonvicino, detto il
‘‘Moretto’’, celebre pittore di quei tempi, di rappresentarlo in ben
ideata pittura: locché diede occasione ad un nuovo miracolo.
Ricercò l’artefice valentissimo dal semplice contadino la narrazione
dell’avvenuto miracolo nelle più particolari circostanze, ma, non potendo
ritrarne che rozze e malforme risposte trovassi talmente confuso, che
sentendosi mancare l’aiuto dell’arte umana, volle con saggio consiglio
ricorrere all’assistenza celeste.
Premessa adunque la Sacramentale Confessione dé suoi falli e pasciutosi
dell’adorabile Eucaristia, imploro reverente l’aiuto e la protezione di
Maria Santissima, la quale, benignamente esaudendo le sue umili preghiere,
se gli diede a vedere in sogno, nella notte seguente, imprimendo altamente
nella di lui fantasia l’intera idea della sua miracolosa comparsa.
Svegliato dunque nella seguente mattina, diede tosto mano con tal facilità
al lavoro che al primo vederlo il risanato contadino esclamò tutto
giulivo tale appunto ed in tale abito essergli apparsa la Madre di Dio
allorché sciolse i lemmi della di lui lingua”.
Il quadro del «
Moretto »
Si sa che il pittore Alessandro Bonvicino, eletto il « Moretto fu uno dei
più celebri del Rinascimento. Animo verginale, intatto del sensualismo di
un secolo corrotto, portò nei suoi quadri sacri dei motivi, alle volte,
tanto arditi da essere ripresi financo dal Caravaggio.
Il Frizzoli che studiò il quadro della Madonna di Paitone con singolare
amore, lo definisce “ una delle creazioni più delicate e più intimamente
sentite” e ponendole a confronto con l’altro, più noto, di Santa Giustina
di Vienna, osserva giustamente, che mentre quello “di Vienna risponde
all’espressione di un volto signorile e ad aristocratica provenienza,
quello dell’agreste Santuario è invece un ex voto eminentemente popolare.
Certamente l’aspetto maestoso e gentile della Madonna, l’atteggiamento
devoto del sordomuto, quella velatura argentina di tutto il quadro, tenuto
volutamente sui torni delicati e sommessi, sono espressione dell’anima
religiosa, dolcemente malinconica del Moretto”.
La tela ad olio misura m. 2,26 di altezza e m. 1,77 di
larghezza.
Ricorrenza
annuale: 15 agosto
Il Miracolo viene ricordato ogni anno al 15 agosto, nel giorno del
Beatissimo Transito di Maria Santissima.
La verità dell’Apparizione venne confermata da grazie senza numero, da
favori speciali, da prodigi inauditi, che si susseguono incessantemente.
A proposito della
pregevole tela del « Moretto » esposta alla venerazione dei fedeli nella
Chiesa di Paitone, e che rappresenta l’apparizione della Vergine al
sordomuto, ci piace di riprodurre dal “Parla” di Brescia un articolo
dovuto a un dotto cultore di arte bresciana il nob. cav. Pietro da
Ponte:
“ sopra un fondo di campagna montuosa Maria sì mostra, nella bellezza di
una di una gioventù matura, con aspetto dignitoso e gentile, in bianca
veste, onde meglio risalta la maestà della persona.
Intorno alla testa e al collo un velo trasparente di color grigio scuro:
ondeggiando al vento i lembi di una candida fascia che cinge i fianchi.
Posta di fronte, col piede sinistro in avanti, le braccia raccolte al
petto, incrocia l’una sull’altra le mani ed abbassa il volto serio ma
benigno verso il fanciullo che le sta di fianco a destra. Questi, collo
sguardo intento alla divina Madre, par che abbia le parole legate alla
lingua, tanto al vivo è resa la fisionomia del povero sordomuto.
Egli ha nude le braccia e le gambe da una vesticella bruna escono
le maniche bianche, e rimboccate della camicia. Quasi in atto di promessa
alza la sinistra al petto e colla mano destra porge un canestro di frutta.
Nel terreno e nello pietre giallognole, nel castagno e nei folti cespugli
circostanti, nei monti che degradano ad un cielo azzurro carico, si vede
che il pittore volle ricordare col suo quadro anche il luogo
dell’Apparizione, che, secondo notizie di cronisti, sarebbe avvertita nel
1532, mentre in quel paese infieriva una pestilenza.
La stessa cronaca dice che il “Moretto”, dovendo eseguire il quadro a
domanda del Comune, colla preghiera e col digiuno si preparò alla
religiosa composizione. Questo quadro, che è uno dei più belli dei ‘Moretto’’,
è ricordato in molti scritti d’arte”.
Da Giovanni De Carlis nell’opera di Santuari Mariani legati alla storia
dei sordomuti (1971)
Concreto, come un
miracolo
di Stefania Falasca
Nella chiesetta del
santuario di Paitone campeggia la grande tela del Moretto che descrive
l’apparizione della Madonna a un bambino sordomuto nel 1532. Un quadro con
una storia particolare: fu eseguito dal pittore sotto la dettatura del
piccolo testimone oculare dell’apparizione
Più vera di così! Sembra
quasi di poterla toccare. Concreta com’è, con quel velo scuro portato in
capo con disinvoltura a mo’ di chador, la veste bianca senza fronzoli e il
viso pienotto di giovane mamma. Una figura morbida, solida, che si staglia
sullo sfondo di un paesaggio rupestre (vero anche quello) e riempie quasi
tutto lo spazio. Grande proprio come la vedrebbero gli occhi di un
ragazzino. Proprio come la vede quello che le sta lì accanto, col suo
cestello di more in mano, sbracciato e scalzo, che dal basso la guarda, un
po’ sorpreso. È la fotografia di un attimo. Il fotogramma di una
circostanza. Accaduta in un agosto di cinque secoli fa. Quando a quel
bambino, tal Filippo Viotti, sordomuto dalla nascita, mentre era intento a
raccogliere more su quei monti appena sopra Paitone, un paesino della
provincia bresciana, apparve la Madonna. Sì, proprio Lei. Anno Domini
1532.
Se il pittore
bresciano, Alessandro Bonvicino, detto il Moretto, non ci avesse lasciato
l’immagine vivida di quell’attimo, dipingendolo come fosse stato egli
stesso presente, i contorni esatti di quella soprannaturale circostanza
sarebbero forse sfumati nel tempo. Quel fatto invece è ancora lì. Nitido.
Non una retorica evocazione. Reale. In questa grossa tela, che non ha
nulla a che vedere con quelle accademiche, aleggianti e sagomate
rappresentazioni di maniera. Campeggia fisicamente, è proprio il caso di
dire, sull’altare del santuario di Paitone come un enorme ex voto pronto a
tirarti adesso dentro a quel fatto. E non potrebbe essere altrimenti.
«Un’apparizione, ma concreta, fatta di fiducia terrena e scevra da ogni
allucinamento», ebbe a dire il noto storico dell’arte Roberto Longhi
riguardo a questo, che è, a tutti gli effetti, considerato il capolavoro
del Moretto; e non esitò, proprio per il realismo della composizione, a
metterlo in parallelo con la Madonna di Loreto che appare ai due vecchi
popolani nella celebre tela della Madonna dei pellegrini di Caravaggio.
L’immagine
dell’apparizione dipinta dal Moretto è il cuore di questo candido
santuario che s’affaccia silenzioso sull’orizzonte aperto delle valli
della Lombardia orientale. Entrare qui e soffermarsi ad osservarla è tutt’uno.
E davvero non si finirebbe mai di guardarla e riguardarla, proprio come là
fuori lo sguardo resta preso da quell’orizzonte aperto. Già, perché la
singolare bravura del pittore precaravaggesco non dice tutto. O meglio,
c’è dell’altro. Se vogliamo entrare nel vivo della storia e se vogliamo
dar credito alle cronache del tempo.
Raccontano le antiche cronache che il piccolo Viotti, risanato dalla
Madonna dal suo handicap, andò subito a riferire l’accaduto alle autorità
del luogo, così come Maria gli aveva detto di fare, affinché venisse
eretta sopra quel monte una chiesa in Suo onore. Nessuno, è facile
immaginarlo, di fronte alle parole dette da un bambino sordomuto, mise in
dubbio la veridicità di quel celeste incontro. Il vescovo di Brescia,
Matteo Ugoni, diede perciò immediatamente l’autorizzazione per la
costruzione del santuario, dispose che la pietra sulla quale aveva
poggiato i piedi la Vergine venisse incastonata sotto l’altare ed incaricò
uno dei più famosi pittori lombardi di dipingere l’apparizione: il Moretto
appunto. Si dice che il pittore, ascoltato il racconto del ragazzino, si
mise al lavoro seguendo tutte le sue indicazioni. Ma per quanto zelo
mettesse nell’aderire alle descrizioni del bambino, non gli riusciva di
dar forma ai tratti di Maria. Ogni volta, infatti, che il pittore mostrava
al ragazzino l’immagine da lui dipinta, questi per tutta risposta scuoteva
il capo dicendo che non era affatto somigliante a quella che aveva veduta.
Una notte, si racconta ancora, il Moretto vide in sogno la Madonna, tale e
quale era apparsa al pastorello, e il mattino seguente andò a confessarsi
e a comunicarsi. Rimessosi allora al lavoro, non si mosse dal quadro
finché non l’ebbe terminato. Chiamato di nuovo il Viotti per mostrargli
l’opera compiuta, il piccolo, questa volta, finalmente esclamò: «Oh sì,
adesso sì, è questa qui, è proprio Lei!».
«È proprio Lei». È
proprio la stessa sorpresa che il pittore ha impresso negli occhi del
ragazzino. La solida pienezza della figura di Maria, unita alla commossa
delicatezza dell’intera composizione, è da ritenersi già un piccolo
prodigio in questo dipinto considerato una delle creazioni più intimamente
sentite dell’artista e senza dubbio, come affermano gli storici,
un’indicazione suggestiva per leggerlo è la fedeltà del pittore al
racconto del bambino. Si può infatti immaginare, visto il risultato di
assoluta verosimiglianza, con quanta cura il Moretto prendesse appunti per
poi non scostarsi neanche di un centimetro da quel dettato. Come
altrimenti dar conto della nuda, semplice essenzialità che la distingue
dalle tante rappresentazioni di visioni, della grande libertà
dell’immagine, veramente senza riscontro nell’iconografia sacra, e della
particolarità dei dettagli, dal canestrino di more al velo nero della
Madonna? Ma è altresì vero che, nella figura della Vergine, come osservava
Giovanni Testori, «a furia di far vero, il pittore arriva all’enormemente
presente, all’ingrandimento non fotografico ma fisico e sentimentale». A
rivelare, infatti, inequivocabilmente che anche la storia del quadro ha
del soprannaturale è proprio quell’evidente sproporzione tra la figura del
bambino e quella ingigantita della Madonna. Sproporzione che non solo
comunica deferenza e venerazione, ma fa del pastorello il punto di
osservazione, come se il pittore stesso avesse guardato Maria con gli
occhi del bambino. Con gli occhi sorpresi del bambino. Quando si dice
miracoli.
Tutta la storia del
santuario del resto è un concatenarsi di fatti prodigiosi. Basta guardare
gli innumerevoli ex voto appesi alle pareti e basta sfogliare quei vecchi
libricini di preghiere per sentire il suono di quel salmodiare che parla
di secolare devozione, di affetto semplice e popolare. «Ricordatevi, o
Piissima Vergine Maria» recitano le antiche preghiere rivolte alla Madonna
«che non si udì mai, partisse dal Vostro santuario sconsolato, chi, con
fiducia Vi supplicò del Vostro aiuto e del Vostro patrocinio. [...]
Ricordatevi, Vergine Pietosissima, che apparendo su questo monte avete
promesso la Vostra protezione, [...] avete promessa l’abbondanza dei
Vostri doni. [...] e dopo d’avervi servita degnamente in terra, Vi amiamo
eternamente in Cielo». Basta mettersi in cammino e salire quassù il 15
agosto, giorno dell’Assunta, il giorno della festa del santuario, quando
migliaia di persone affollano il sagrato della chiesa fin dalle prime ore
dell’alba.
Affetto e devozione. In fondo Maria non aveva chiesto altro.
Apparendo, su questi monti a ridosso dell’orizzonte, proprio a quel
ragazzino. Ha chiesto solo la devozione dei suoi figli e non ha mancato
alle sue promesse, qui come in tutti gli altri luoghi a lei dedicati. E
sono tanti, tantissimi, in questa regione. La provincia bresciana, in
particolare, ne è letteralmente costellata. Se ne contano più di duecento.
E non sono pochi quelli legati ad apparizioni. In un’epoca come il
Cinquecento e il Seicento, la presenza e il conforto di Maria si sono
manifestati con favori e grazie particolari. Valga allora per il santuario
mariano di Paitone e per tutti gli altri quello che è scritto in latino
nell’atrio di una chiesina dedicata alla Madonna in Val Chiavenna: «Entra
volentieri, tu che sei qui nell’atrio della chiesa. Sappi che in questa
chiesa tutto parla della Madre di Dio. Si ricordino gli alieni (discant
alieni, cioè quelli che non la invocano, ndr) che avendo Maria come
protettrice non saranno mai dei disperati. Coloro che non la pregano con
affetto come avvocata trascurano se stessi».
Fonte:
www.30giorni.it
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