Il Messico e la Vandea dei guerriglieri di Cristo Re

Ho letto la sua risposta sulla censura a «Le mie prigioni» di Silvio Pellico per il brano in cui il carcerato dello Spielberg parlava della sua conversione religiosa. Anche a me sembra grave che sia potuto accadere che un testo così importante per la storia del nostro Risorgimento sia rimasto vittima di un episodio giustamente definito dal professor Mola di «sterilizzazione laicista». Vorrei aggiungere però che questo «pregiudizio anticattolico» non è qualcosa che riguardi solo l’Italia: sarebbe sufficiente andare a vedere come i manuali di storia del Messico occultano la repressione selvaggia che dovettero subire i Cristeros o domandare a qualche suo lettore se sappia qualcosa di quella vera e propria Vandea...

Aldo Papandrea, Reggio Calabria.

Caro signor Papandrea,

la storia della repressione anticattolica in Messico è stata ben ricostruita da Alessandro Massobrio. Dal 1876 quel Paese, la cui popolazione era al 95 per cento di fede cattolica, aveva goduto di un lungo periodo di sonnolenta stabilità sotto la dittatura di Porfirio Diaz, che nel 1911 fu disarcionato dalla rivoluzione liberale di Francisco Madero. Ma Madero non potè governare con tranquillità a causa di altri rivoluzionari - Zapata, Villa e Carranza - che non consentirono al suo regime alcuna stabilità. Nel 1914 fu sopraffatto da Victoriano Huerta, presto rovesciato da Carranza, il quale, a sua volta, nel 1920 verrà assassinato da sicari del suo ministro Alvaro Obregon.
Carranza però aveva fatto in tempo a promulgare la «Carta di Querétaro», con la quale la Chiesa veniva privata del diritto di possedere, ereditare, ricevere in dono qualsiasi proprietà. Il successore di Obregon, Elias Plutarco Calles (1924) elabora un piano che va oltre la «Carta di Querétaro» e, il 14 luglio del 1926, emana decreti spietati che regolano gli orari delle messe, proibiscono l'uso dell'abito talare, vietano il segno della croce in pubblico, impediscono il battesimo se non amministrato con acqua sterilizzata, conteggiano il numero dei ceri davanti agli altari, impongono la chiusura degli istituti cattolici, espellono i sacerdoti stranieri. La reazione dei cattolici - e degli anglicani che si uniscono a loro - è di tipo non violento: le messe vengono celebrate nelle soffitte, nei garage, nei giardini, i fedeli si limitano ad acquistare solo lo stretto necessario, ritirano i depositi bancari, disertano caffè, teatri, ritrovi, si astengono dal comprare biglietti della lotteria. Girano vestiti di nero, come a sottolineare il proprio lutto per la perdita della libertà. Ma la protesta, pur pacifica, è repressa dalla polizia, ogni corteo si trasforma in un bagno di sangue. Iniziano poi le fucilazioni e viene l'ora dei Cristeros, i guerriglieri di Cristo re. L'insurrezione delle regioni di Colima e Jalisco provoca, con un effetto domino, la rivolta in tutto il Paese. All'inizio del 1929 le truppe di Calles sono ovunque in rotta mentre dappertutto avanza l'esercito dei Cristeros che conta ormai trecentomila uomini. Il 29 giugno 1929 viene siglato un accordo tra insorti e governo in virtù del quale i cattolici credono di aver riacquistato la libertà. Ma si illudono.
Nel momento stesso in cui i Cristeros, in obbedienza ai vescovi, deposte le armi si preparano a ritornare alle proprie case, scatta il genocidio. Nei dieci anni che seguono, complice il silenzio dei mezzi di informazione - compresi quelli americani - ben duecentomila persone tra ex combattenti e civili vengono trucidate sui luoghi di lavoro, nelle proprie case, davanti agli occhi dei figli. Solo Giovanni Paolo II, scegliendo nel 1979 il Messico come meta del suo primo viaggio pastorale, ha iniziato a richiamare l'attenzione del mondo su questa Vandea dimenticata. «Non abbiate paura - ha detto, in quella circostanza, il pontefice - il papa vuole essere la vostra voce, la voce di tutti quelli che non possono parlare o sono costretti al silenzio, la voce della coscienza». E in effetti è giunto il momento che anche su quella vicenda si faccia piena luce.

Paolo Mieli, Venerdi' 24 Settembre 2004 - Corriere delle Sera

Intervista esclusiva a Jean Meyer

 il maggiore conoscitore della "cristiada messicana", che racconta dei suoi studi su una storia per decenni argomento tabù.

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