Ha deciso di partire dagli ultimi prima ancora che questa espressione fosse stata inventata o fosse entrata nell’uso quotidiano. Lo chiamano "il camilliano dei barboni" il suo nome è Ettore Boschini, mantovano, (…) fa parte della comunità milanese di via Boscovich. Gli "ultimi". Se c’è a Milano una categoria di esseri umani bisognosi a cui nessuno prima di Ettore pensava è proprio quella che il gergo cittadino chiama quasi affettuosamente "barboni". Dire categoria è già attaccare un’etichetta comune o definire un gruppo come se fosse uniforme. Nulla invece di più eterogeneo della massa di gente che da alcuni anni si accalca fuori e dentro i Rifugi ideati da fr. Ettore. Vagabondi di elezione o sbandati senza dimora, poveracci dalla nascita o falliti della vita per cause varie, uomini e donne, ragazzi, giovani, adulti, anziani; milanesi o immigrati da ogni parte d’Italia; stranieri di razze varie, capitati a Milano più o meno clandestinamente; persone separate dal coniuge o dalla famiglia, o coppie irregolari; gente sfiduciata, gente disperata, gente alla ricerca di ogni mezzo per sopravvivere o che ha tentato la fuga nell’alcool o nella droga. In comune, questa variegata popolazione aveva la miseria e la solitudine; aveva il bisogno elementare di un pezzo di pane, di un letto e un giaciglio per la notte, di cambiarsi gli indumenti e lavarsi dopo mesi che non lo poteva fare. Uomini e donne che non pretendevano altro che un aiuto materiale e, avendo perso ogni considerazione di se stessi, non si sognavano neppure che qualcuno potesse dare loro un po’ di attenzione e di calore umano. Fr. Ettore li ha racimolati qua e là, alcuni incontrandoli per caso lungo le strade della città, altri andandoli a scovare negli angoli o nelle sale d’aspetto della Stazione Centrale. A ciascuno diceva: "Amico, vieni con me a prendere qualcosa di caldo…". Parecchi di loro li aveva visti più volte al mattino spintonarsi in disordinata fila davanti alla porta della casa religiosa di Via Boscovich per ricevere un paio di panini e un frutto, o ripresentarsi al pomeriggio per vestiti e medicine. Più di una volta fr. Ettore s’era prestato a questo servizio. Ma aveva constatato che ciò non era sufficiente. Bisognava fare in modo che questa gente potesse mangiare al coperto, e non sul marciapiede, e trovasse aiuto in tante altre necessità, importanti quanto elementari. Cominciò col recarsi ogni sera con un pentolone di minestra calda in Stazione Centrale col distribuire biglietti per l’alloggio notturno al dormitorio pubblico di viale Ortles. Qui – la notte di Natale del ’77 – aveva scoperto questa massa informe di gente abbandonata: portò il panettone e lo spumante e chiamò un prete per la Messa di mezzanotte. Poi ci tornò ogni sera con cibarie e rosari. Ma girando in città per il ministero dei malati a domicilio incontrava per la strada volti sempre nuovi, disorientati e affamati. Sulle panchine dei parchi o sugli scaloni della Stazione c’era sempre qualche ubriaco sfinito o qualche vecchio piagato che non si muoveva da giorni. All’ospedale non li accettavano, all’ospizio dei vecchi non ci volevano andare. "Amico, vieni con me…". Si diede da fare per trovare un hangar, una cascina o una casa abbandonata da requisire. Trovò solo sorrisi di sorpresa, di comprensione o di commiserazione. Alla fine convinse il Capostazione e mise in moto il Ministero dei Trasporti, fin che ottenne due grandi magazzini sottostanti ai binari della ferrovia. In uno di questi saloni – senza finestre – adattò cucina e tavoli da pranzo; nell’altro mise una fila di divani usati su tre lati e un altare sullo sfondo; all’entrata sistemò docce, servizi igienici, una lavatrice industriale, magazzino di vestiti e medicine. Il giorno di capodanno del ’79 invitò il Vescovo ausiliare Mons.Tresoldi per la S.Messa e per l’inaugurazione di un’opera che tanti continuavano a giudicare una pazzia. In breve il "Rifugio di via Sammartini" divenne il punto d’incontro e di soccorso per tutti gli sbandati della città. A centinaia ogni giorno accedevano alla mensa per i tre pasti: chi aveva bisogno sostitutiva scarpe e vestiti o si faceva medicare; altri avevano problemi più pesanti: pratiche giudiziarie e posto di lavoro o biglietto di ritorno in Marocco o in Siria. In mezzo a questi ospiti cominciarono a mischiarsi i visitatori: autorità, giornalisti, curiosi, persone disposte a dare un aiuto immediato. Tutti si imbattevano nell’altra faccia dell’umanità: uno spettacolo imprevisto e scioccante, un concentrato di situazioni umane drammatiche o penose, da far venire i brividi. Ma non in tutti prevalse la paura. Non tutti si accontentarono di un’emozione, di un articolo sul giornale, di far pervenire la cesta di pane o un pacco di indumenti usati. Qualcuno fu colpito da quel Frate che faceva sul serio, che lavorava giorno e notte in un’attività convulsa. Non poteva far tutto da solo, bisognava dargli una mano in modo continuativo. Ed ecco i primi collaboratori volontari. All’inizio per un periodo di esperienza, poi – chi resisteva –
stabilmente. Ecco Vittorio, Pino, Luigino e Nicola, Sabatino e Isabella e
Ornella, ecc.. Giovani e meno giovani, per lo più già sistemati in posto
di lavoro o persino con un’attività professionale affermata. (…) I benefattori non mancano: dagli offerenti ignoti a quelli ufficiali, come il Rotary Club o la colletta di Superflash a Canale 5. Ma i soldi passano nelle sue tasche senza che faccia a tempo a contarli: con una mano li riceve e con l’altra li distribuisce. Anche al di fuori delle sue cinque… famiglie numerose. I benpensanti non evitano di osservare che l’opera dei Rifugi non risolve i problemi alla radice: i problemi della disoccupazione, della disgregazione familiare, dell’alcool e della droga, della immigrazione interna ed estera, della malavita: "Ci vuole ben altro per sanare queste piaghe, occorre l’intervento dei pubblici poteri, bisogna creare infrastrutture e riforme generali della società…!". Ma Ettore e compagni – mentre lasciano che le autorità civiche studino progetti per soluzioni radicali di là da venire – guardano ai bisogni immediati dell’uomo, del povero che non può attendere, dell’emarginato tentato dalla disperazione. E si accontentano di "dar da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi, ospitare i senza tetto e curare i malati". Con la loro carità. E – guarda caso – con la fede in Dio e la preghiera. E’ il loro modo di predicare al mondo d’oggi il Vangelo del buon Samaritano "A partire dagli ultimi", appunto, vivendo con loro e per loro. da un articolo del 1980 di p. Giannino Martignoni - Camilliano Sito Ufficiale dell'Opera di Fratel Ettore *** I Camilliani a Milano San Camillo fondò la sua prima comunità a Milano nel 1594, presso l'Ospedale Cà Granda. I "Crociferi", com'erano allora chiamati i camilliani, prestavano servizio sanitario e infermieristico nel nosocomio cittadino. Durante la "peste manzoniana", diciasette religiosi morirono di contagio nell'assistenza ai colpiti dal morbo. Lungo il '700 i "Padri della Crocetta" si dedicarono alla alla cura dei malati poveri a domicilio. Presso il convento di via Durini fecero costruire la chiesa di "Santa Maria della Sanità". Allontanati da Milano dalle soppressioni napoleoniche, vi furono richiamati alla fine dell'800 dal cardinale Ferrari. Nel 1900 fu inaugurata la casa di via Boscovich, accanto alla quale sorse presto il Santuario e un ambulatorio a favore dei poveri. Fu ripreso il servizio a domicilio con l'assistenza sanitaria e spirituale degli infermi in città. Presto con l'ambulatorio si andò formando negli anni '20 un reparto di degenza, che nel dopo-guerra ha dato origine alla "Casa di Cura San Camillo". Nel 1964-'66 fu costruita anche la "Casa di Cura San Pio X". Per la formazione degli operatori sanitari è sorto nell'anteguerra, alla "San Camillo" una scuola di infermieri generici; trasferita alla "San Pio X", divenne scuola per gli infermieri professionali e capisala. Da alcuni decenni i camilliani sono presenti come assistenti spirituali negli ospedali cittadini del Sacco, il San Paolo e al C.T.O.. A milano trovò pure sede in via Lepetit, un Segretariato Missioni Camilliane, che coordina gruppi di sostegno nel Lombardo-Veneto. E' morto fratel Ettore: l'amico degli ultimi - 20 agosto 2004 - La "scommessa" di fratel Ettore continua... - 08/10/2004 - *** |