Notizie storiche
SANTUARIO
MADONNA DELLA STELLA |
|
|
Delle innumerevoli località della nostra Italia consacrate alla Madre di Dio, una dozzina portano il nome di «Madonna della Stella ». Di queste la più celebre è senza dubbio quella dove sorge il nostro Santuario, per le apparizioni della Vergine autenticate dalle autorità ecclesiastiche, e per il legame che tali apparizioni ebbero con le vicende religiose e politiche italiane, negli anni 1860-70. Il titolo liturgico: «Auxilium Christianorum», che l'Arcivescovo di Spoleto, Mons.Giovanni B. Arnaldi, con felice intuito, attribuì alla Immagine miracolosa, fu di conforto a Pio IX, nel suo lungo, doloroso calvario.
Contribuì ad orientare D.Bosco che stava progettando la sua Basilica mariana di Valdocco, e divenne il più grande apostolo dell'Ausiliatrice. Accese le speranze e,
mantenne salda la fede nel popolo credente d'Italia, in quegli anni in cui, insieme alla lotta politica, si sviluppò anche quella antireligiosa. Il Santuario fu eretto sulle rovine di una chiesetta rurale, da cui la Madonna lanciò il suo messaggio di bontà, che echeggiò in tutta Italia e nel mondo. Sorge a 16
km da Spoleto, a 15 da Foligno, a 6 da Trevi, a 7 da Montefalco. E' meta ininterrotta di pellegrini, provenienti da tutta l'Umbria, da numerose regioni italiane, ed anche dall'estero.
LA CHIESETTA DI S. BARTOLOMEO
Poco lontano dalla strada che, proveniente da Spoleto, dopo aver attraversato la valle omonima, inizia a salire verso Montefalco, fu eretta, in tempi remoti, una chiesetta dedicata a S. Bartolomeo Apostolo. Il terreno emerge di pochi metri dalla pianura spoletina, formando una piccola collina. Il tempio era di modeste proporzioni. Misurava circa 9 metri di lunghezza per 5 di larghezza. Vi si accedeva per una porta centrale, e per un'altra laterale, sopra cui era praticata una finestra. Nell'abside curvilinea, un pittore di Percanestro (Camerino) Paolo Bontulli, dipinse, nel 1520 un'immagine di Maria col Bambino in braccio, circondata dai SS. Bartolomeo, Biagio, Sebastiano e Rocco. La chiesa di S.Bartolomeo sorgeva in territorio della Parrocchia di S. Luca, ma ai confini con quella di Fratta. Con decreto del 25 maggio 1696, l'Arcivescovo di Spoleto Mons. Faddi, avendo constatato in una visita pastorale le scarse rendite della Parrocchia di Fratta, passò a questa la cura della cappellania di S.Bartolomeo. Il parroco doveva averne cura ed officiarla nelle feste. Col passare degli anni, forse anche a causa del luogo solitario in cui sorgeva, la cappella venne a poco a poco trascurata. L'ufficiatura religiosa fu ridotta alla annuale festa patronale. Intorno al 1815 il tetto della chiesa crollò: da quell'anno lasciata nel completo abbandono, la cappella divenne un cumulo di ruderi, ricoperti dai rovi e dalla sterpaglia. Restò, quasi intatta, l'abside con l'immagine della Madonna e di Gesù Bambino, intorno a cui l'edera aveva formato una cornice di verde. I contadini passando accennavano qualche saluto all'indirizzo della Madonna, ma per lo più si tenevano lontani per i rettili che vi si aggiravano.
PREVISIONI MISTERIOSE
Fin dal 1859 cominciarono a circolare voci circa presunte apparizioni o canti melodiosi, visti o uditi intorno alla diroccata cappella di S.Bartolomeo.
Nessuno sapeva dire qualcosa di preciso: tuttavia se ne parlava, e tali voci avevano creato un senso di
sospetto, di paura, di superstizione. Nel 1860 una pia donna, Santa Bonifazi,
abitante in Fratta, da lungo tempo ammalata e stimata da tutti per la singolare pietà, disse chiaramente e ripetutamente che la Madonna voleva essere onorata nella chiesetta, e che perciò questa doveva essere
riparata. Avvertì anche il Parroco, D.Giuseppe Brunetti; ma questi si limitò a dire che se la Madonna voleva che si restaurasse la cappella, doveva provvedere i mezzi necessari. Le insistenze della pia donna non ebbero alcun risultato, e le sue parole per il momento caddero nel vuoto. Era tanta la devozione che la Bonifazi nutriva verso quella Immagine, che sentendosi in fin di vita, si fece condurre alla cappella per elevare alla
Vergine l'estrema preghiera: di lì a non molto morì. L'Arcivescovo Mons. Arnaldi, narra che un tale di Fabbri di Montefalco, per incarico di un
antiquario di Foligno, si recò tra i ruderi della chiesetta per asportare possibilmente il dipinto della Vergine.
Ma mentre si accingeva al sacrilego gesto, un grosso
serpente sbucò tra le macerie e mise in fuga il malintenzionato.
UNA SIGNORA VESTITA DI ROSSO
Poco distante dal luogo dove sorgeva la chiesetta, abitavano i coniugi Giuseppe e Caterina Cionchi. Avevano quattro figli e vivevano del lavoro dei campi. Di uno dei loro figli, Righetto, la Madonna si servì per lanciare al mondo il suo materno
messaggio invitante alla bontà. Così Righetto stesso narrò il fatto, deponendo nel processo indetto dalle autorità ecclesiastiche per indagare sulla verità delle apparizioni.
«Contavo all'incirca 5 anni ed aggirandomi un giorno nei dintorni della cappella di S. Bartolomeo, sentii chiamarmi per nome: "Righetto". Istintivamente entrai nella cappella e vidi che c'era una
signora vestita di rosso, molto bella: accostatomi mi prese per la mano destra, mi accarezzò e mi disse cose che non posso precisare; solo ricordo tra le tante, questo tenero avvertimento: "RIGHETTO, SII
BUONO"».
|
La sorellina Rosa, presente, non vide nulla;
cosicché quando a casa il fanciullo narrò alla mamma l'accaduto, lei negò. In un primo tempo mamma Caterina non fece caso: ma il bambino ogni mattina, chiedeva: - Mamma, vado a vedere la
Madonna -. La presenza quasi giornaliera del fanciullo nella cappella, non passò
inosservata; tanto che una vicina di casa, Angela Ciafrani, un giorno se ne congratulò con Caterina. Questa, forse involontariamente, si
lasciò sfuggir detto: - Potrei credere a quel che dice che lassù vede la Madonna? E l'altra: - I Santi ai bambini si fanno vedere, a noi
invece voltano le spalle -. La notizia che nella chiesetta di S.Bartolomeo la Madonna si faceva vedere al figlio di Caterina, si sparse immediatamente: collegata alle affermazioni di Santa Bonifazi il cui ricordo era ancor vivo, suscitò sorpresa e commozione. Molti vi credettero, e vi fu chi si incaricò di far ardere una lampada ad olio
davanti alla Sacra Immagine. Tutto ciò avveniva tra gli ultimi mesi del 1861 e i primi del 1862: in questo arco di tempo vanno poste le apparizioni della Madonna al piccolo Righetto.
IL SIGILLO DIVINO
Alle affermazioni di Righetto circa le apparizioni, fecero seguito pareri discordi, e nacquero non poche dicerie, finché la Madonna stessa non confermò con l'evidenza dei miracoli la realtà delle sue
manifestazioni. E questo avvenne nel marzo del 1862. A Fabbri, un paesino lontano circa tre
chilometri dalla collina di S. Bartolomeo, un giovane tisico lottava con la morte. Si chiamava Giovanni Castellani. Nella estrema speranza di riavere la salute, egli, ai primi di marzo volle compiere un devoto
pellegrinaggio a Bruna di Spoleto, dove la Madonna è particolarmente venerata. Il viaggio di oltre sette chilometri, non era certo proporzionato alle sue
energie; per cui passato appena il villaggio di S. Luca, si sentì venire meno. Una buona donna lo accolse in casa, esortandolo a riposarsi. Saputo il motivo di quel viaggio, gli disse: - Perché vai così lontano quando abbiamo la Madonna a pochi passi?
- Il Castellani ascoltò il consiglio. Ripreso il cammino, si diresse alla chiesetta di San Bartolomeo. Ed ecco il miracolo:
« Appena misi piede là dentro - narrò poi - mi parve di trovarmi in Paradiso; mi sentii come un altro, mi circolò di nuovo il sangue per la vita, riebbi le forze: insomma tornai me stesso ». La notizia del miracolo si sparse in un baleno, e fu la conferma autentica, il sigillo divino, alle voci circa le apparizioni della Madonna a Righetto. Il Parroco, D.Giuseppe Brunetti, dopo gli
opportuni accertamenti, riconobbe l'evidenza del miracolo. Il 19 marzo si recò personalmente a S.Bartolomeo, avendo appreso che già molta gente vi si
radunava giornalmente. Il 23 successivo, e poi ancora il 25, vi ritornò, in solenne processione con tutto il popolo. La prima domenica di aprile, la collina di S.Bartolomeo era gremita di pellegrini venuti persino da Foligno, Perugia, Spoleto, Terni.
MAGGIO 1862
Il maggio del 1862 è da ascrivere tra le pagine d'oro della storia del Santuario della Madonna della Stella. In questo mese infatti avvennero due fatti di fondamentale importanza:
l'intervento ufficiale dell'Autorità ecclesiastica, e il titolo di « Auxilium
Christianorum » attribuito all'Immagine miracolosa. Le notizie di innumerevoli grazie e miracoli, il concorso dei pellegrini sempre
più impressionante, costrinsero l'Arcivescovo di Spoleto, che nel
frattempo si era chiuso in un prudente riserbo, ad intervenire. L'8 maggio, accompagnato da eminenti
ecclesiastici, si recò sul luogo delle apparizioni. Restò profondamente colpito alla vista di migliaia di persone raccolte in preghiera, e pianse di commozione. In questa circostanza diede all'immagine il titolo di «Auxilium Christianorum» - Aiuto dei
Cristiani - perché questo gli sembrava il titolo più adatto sotto ogni aspetto. E' evidente in queste parole,
l'allusione alla situazione politica italiana, che, in quei tempi, era tutt'altro che favorevole alla Chiesa. Colei che veniva chiamata semplicemente « la Madonna », la « Madonna scoperta », la « Madonna della Stella », « Madonna di Spoleto », cominciò ad essere invocata anche « col dolcissimo e tenerissimo titolo di Aiuto dei Cristiani » (Mons. Arnaldi). Nella pietà popolare è prevalso il titolo di «
Madonna della Stella ». Lo si fa derivare dalla grande stella d'argento che un devoto volle apporre nella parte superiore a destra dell'immagine.
Nel determinare l'origine di questo titolo si attribuisce una certa importanza al racconto di un
monaco benedettino, Don Gregorio Frangipane, secondo cui un pellegrino, arrivato in piena notte nei dintorni della Cappella e non sapendo individuare il luogo delle apparizioni, avrebbe visto una meravigliosa
stella risplendere sopra la cappella della Madonna.
MOMENTI DIFFICILI
Le opere di Dio sono sempre segnate dalle contraddizioni e dalle lotte provocate dallo spirito del male. Se i buoni corrisposero con entusiasmo al
misterioso richiamo della Madonna, il demonio si adoperò con ogni mezzo per distogliere e spegnere la devozione di coloro che accorrevano a venerare la miracolosa immagine. Dati i tempi molto critici - il governo
piemontese stava spogliando la S.Sede dei suoi domini temporali - l'autorità civile vedeva con sospetto così straordinario affollamento di persone; si temeva che sotto la copertura della devozione, si celassero oscuri scopi politici, e che le offerte raccolte servissero a fomentare rivolte contro le autorità occupanti. I
carabinieri di Montefalco investigavano su tutto ciò che avveniva intorno alla Cappella. Lo stesso delegato di Pubblica Sicurezza, Vincenzo Moschini, si permetteva persino di ingiuriare i pellegrini; ma essi, con un
comportamento dignitoso ed ordinato, toglievano ogni pretesto ad azioni di polizia. La stampa anticattolica volle gettare il ridicolo sui fatti meravigliosi che si andavano moltiplicando. Le apparizioni furono definite: « sogno di fantasia
inferma »; i pellegrinaggi: « fanatismo riprovevole ». A proposito delle offerte che i fedeli depositavano, un giornale osò commentare: « Questa gente è fanatica, è vittima dell'ignoranza, è stata presa nella trappola dei preti che hanno aperta una bottega alla vecchia chiesa di S.Bartolomeo nella parrocchia di S. Luca. Vogliono far denaro per riscattar le province
perdute dai Papa ». Fu una prova dura l'arresto di Mons. Arnaldi, avvenuto l'11 giugno 1863. La detenzione del santo prelato durò 10 mesi. Ma alla fine gli avvenimenti presero decisamente il corso stabilito dalla
Provvidenza; e la Madonna continuò a spargere grazie e miracoli dal suo trono di misericordia.
IL SANTUARIO
Gli innumerevoli prodigi e il culto che il popolo da ogni parte veniva a rendere alla Madonna della Stella, fecero sorgere il desiderio di ricostruire la
cappella, e possibilmente di trasformarla in un Santuario che fosse degno della Regina del Cielo. Le offerte facevano sperare bene. Infatti nel giro di brevissimo tempo furono raccolte 15.000 lire,
senza computare il valore degli oggetti preziosi. Quando Mons. Arnaldi si rese conto che sotto l’aspetto finanziario, avrebbe potuto avviare la
costruzione di un nuovo tempio, diede incarico al Prof. Giovanni Santini, di Perugia, di stendere il disegno. Il Santini mise nell'opera tutto l'entusiasmo e tutta la sua
valenza, per esternare alla Madonna la sua riconoscenza: davanti alla Sacra Edicola, infatti, aveva recuperato l'udito, un giorno che si era portato sul luogo per lo studio del terreno.
La prima pietra fu solennemente benedetta e collocata il 21 settembre dello stesso anno delle
apparizioni, 1862. Le offerte affluivano in gran numero da tutte le città italiane ed anche dall'estero. I giornali cattolici più quotati aprirono sottoscrizioni. Nella sola città di Roma, l'Osservatore Romano raccolse 25.000 lire. Il colonnello pontificio, Antonio Allai, morendo,
lasciò al Santuario metà del suo patrimonio. Il disegno originale del Tempio, dovette essere ampliato ed arricchito due volte, perché le offerte avevano superato il preventivo.
Morto Mons. Arnaldi il 28 febbraio 1867, i suoi successori, Mons. Domenico Cavallini Spadoni e Mons. Elvezio Mariano Pagliari, gareggiarono in
premure per condurre a termine l'erezione del Santuario. Nel 1869 la fabbrica, nelle strutture esterne compreso il campanile, era terminata. Negli anni
successivi si provvide alla decorazione interna. La cerimonia della consacrazione del Santuario ebbe luogo l'11 settembre 1881. Il Sacro rito fu
officiato da Mons. Pagliari con la partecipazione di Mons. Giulio Lenti, Vicegerente di Roma, e di Mons. Antonio Belli, Vescovo di Terni. I canti furono
eseguiti dai cantori della Cappella Sistina, sotto la direzione del grande Maestro Domenico Mustafà.
UN LEMBO DI PARADISO
Così può chiamarsi il Santuario che la pietà dei fedeli e il genio degli artisti eressero alla Madonna della Stella. Per l'elegante struttura, per la ricchezza degli ornati,
deve giustamente ritenersi uno dei templi più splendidi costruiti in Italia nella seconda metà del secolo scorso. Quanti si recano a visitarlo, unanimemente lo definiscono un vero prodigio d'arte. Non rare volte si odono parole di commento come queste: « qui sì che si sente veramente Dio! ». L'Architetto Giovanni Santini ha dato al
Santuario lo stile del Brunelleschi. La costruzione è un bel vano a tre navate a croce latina, così ben ordinato e snello, che fin dall'ingresso l'occhio lo abbraccia tutto intero e ne gode la magnificenza. Vi lavorarono i migliori artisti del tempo. Il pavimento in pietra a tre colori in disegni
geometrici, fu eseguito da Vincenzo Guglielmotti. Paolo Groppilega rivestì le pareti, i pilastri e le colonne, di una stupenda marmoridea, che per le venature, la lucentezza e i colori sembra marmo
autentico. Le decorazioni della cupola, delle absidi, delle volte, sono di Cesare Mariani, e raffigurano
immagini bibliche che hanno un riferimento alla Madonna. Tesoro preziosissimo del Santuario sono i quadri degli altari laterali: la vestizione di S.Chiara di
Assisi, del Mancinelli; la Visitazione dell'Overberk; i Titolari dell'antica Cappella, del Sereni; la Sacra Famiglia del Gagliardi; la Sacra Famiglia del
Pollastrini. Il residuo di muro su cui era dipinta l'Immagine miracolosa, in un primo tempo fu racchiuso in un tempietto provvisorio sotto l'abside. Nel 1905, demolita la piccola cappella, la sacra edicola venne collocata nel trono di marmo costruito secondo il
disegno originale dell'architetto Santini. La facciata del Santuario è di stile dorico, con ampio pronao. Nel timpano un artistico altorilievo rappresenta l'apparizione della
Madonna, che il piccolo Righetto addita alle folle. L'elegante campanile domina tutta la valle spoletina.
Dietro il Santuario, sorge il convento dei Passionisti ai quali fin dal 1884 ne fu
affidata la custodia.
I PASSIONISTI AL SANTUARIO
Un giorno, quando le apparizioni e i miracoli richiamavano folle immense sulla collina di S.
Bartolomeo, Righetto vide tra i pellegrini un sacerdote Passionista. Il fanciullo lo avvicinò, e additandogli il luogo su cui più tardi sarebbe sorto il Santuario, gli disse:
« Voi altri dovete venire a stare qui ». Nel Santuario si avvertiva la necessità di un gruppo di sacerdoti per l'assistenza ai pellegrini.
Abitualmente vi dimoravano solo alcuni sacerdoti che nelle feste venivano coadiuvati dai parroci vicini. Si pensò pertanto di affidare la custodia del
Santuario ad un Istituto religioso che potesse disporre di personale sufficiente. La Principessa di Piombino, Agnese Patrizi, ne parlò, a Roma, al Superiore Generale dei Passionisti, il servo di Dio P.Bernardo Silvestrelli, e avuta la risposta favorevole, incaricò il Conte Paolo Campello di fare i passi necessari presso l'Arcivescovo di
Spoleto. Mons. Pagliari accolse la proposta come una provvidenza: e con sollecitudine condusse a termine l'attuazione del disegno. Il 13 agosto 1884 i Passionisti presero possesso del Santuario. Fin dall'inizio vi furono inviati 20 sacerdoti per poter garantire un servizio efficiente. Nei lunghi anni da che custodiscono il Santuario, i Passionisti, oltre a svolgere il loro ufficio di
assistenza ai pellegrini, hanno compiuto grandi opere di decorazione all'interno e all'esterno della chiesa. Tra queste, le più salienti sono: l'erezione del trono in marmo che racchiude l'immagine della Madonna, il consolidamento dell'edificio, la sistemazione della piazza e del sacrato, il viale di accesso e la
delimitazione della zona sacra, il monumento a Righetto a ricordo del centenario della sua nascita, il servizio di bar per il ristoro dei pellegrini.
RIGHETTO CIONCHI
Si chiamava Federico Cionchi il fortunato fanciullo che vide la Madonna e sentì la carezza della sua mano materna. Comunemente veniva chiamato col vezzeggiativo di « Righetto ». Nacque il 15 aprile 1857 in una povera casa nelle vicinanze del Santuario. I genitori si
chiamavano Giuseppe e Caterina Scerna. La casa natale è ora contrassegnata da una lapide marmorea appostavi nel
90° dell'apparizione. Non aveva ancora compiuto 5 anni, quando fu favorito dalle apparizioni della Madonna. Due anni dopo, per interessamento di Pio IX, fu ospitato a Roma presso l'Istituto « Tata
Giovanni », dove apprese l'arte di falegname,ebanista ed intagliatore. All'età di 20 anni, sentendo interiormente la voce di Dio che lo chiamava ad una vita di grande perfezione, chiese di entrare nella Congregazione dei
Padri Somaschi. Visse prima a S. Maria in Aquiro in Roma, poi a Bassano, ed infine a Treviso quale
sagrestano nella chiesa della Madonna Grande, dove rimase quasi tutta la vita. Più volte tornò al Santuario, specialmente
quando veniva a trovare la sorella che viveva a Cannaiola di Trevi, fatto segno alla comune venerazione. Vi tornò l'ultima volta nel 1914, per deporre al processo indetto per accertare la veridicità delle apparizioni. Morì a Treviso il 31 maggio 1923, all'età di 66 anni, lasciando di sé santa memoria per la bontà
ammirata dai religiosi e da quanti lo avvicinarono. Il 10 maggio 1932, le sue spoglie mortali furono trasportate con vero trionfo al Santuario della
Madonna della Stella.
PER L'AUTENTICITA' DELLE APPARIZIONI
Fin da quando presero possesso del Santuario, i Passionisti si interessarono affinché si celebrasse un regolare processo canonico circa le apparizioni. Ma per varie ragioni, solo nel 1914, l'Arcivescovo Mons.
Pietro Pacifici, poté nominare una commissione per l'esame dei testimoni. Fu chiamato a deporre anche Righetto: egli ormai anziano e sofferente, per tre giorni rivolse speciali preghiere alla Madonna perché lo illuminasse a ricordare esattamente i fatti avvenuti 50 anni addietro. Raccolte ed esaminate diligentemente tutte le testimonianze, Mons. Pacifici, il 28 novembre del 1914, si portò al Santuario, accompagnato dai membri della Commissione, e dopo aver celebrato la S. Messa, dichiarò solennemente: «affermiamo, con
sentenza definitiva, esser vera l'apparizione della Madonna della Stella». Ma già prima della proclamazione ecclesiastica, i prodigi innumerevoli, e il meraviglioso Santuario eretto unicamente con la carità dei devoti, furono una inconfondibile testimonianza della verità della manifestazione della Vergine.
Intanto nel 1911 il Capitolo Vaticano aveva decretato la Corona d'oro, che benedetta da S. Pio X, fu posta sul capo della Madonna da Mons. Domenico Serafini, alla presenza di oltre 25.000 pellegrini. Come nel passato, oggi ancora la materna
benevolenza di Maria si riversa misericordiosamente sul popolo cristiano che a Lei ricorre in questo Santuario. Il periodico mensile « La Stella », che iniziò le pubblicazioni nel 1950, porta in innumerevoli
famiglie il dolce sorriso della Regina del cielo, e ripete il suo celeste messaggio «SIATE BUONI».
Notizie tratte dal sito: www.preghiereagesuemaria.it
"Solo
sempre sorridente"
di Stanislao CAPELLETTI
Il
31 maggio rincorrono
settatantasette anni della morte del servo di Dio Federico
CIONCHI, fratel Righetto. La Vergine Santissima che l’aveva
visitato da bambino di cinque anni, lo volle al Cielo nel giorno
anniversario della sua Apparizione. Questa coincidenza di date,
che può sembrare a taluno fortuita, è per noi invece molto
eloquente, considerando che «Dei
nutibus vitae nostrae momenta decurrunt».
Vogliamo
ricordare oggi l'umile figura del Fratello coadiutore somasco Fr.
Righetto, Federico Cionchi: il protagonista delle celebri apparizioni
della SS. ma Vergine nella Valle Spoletina. Nel luogo dove Righetto
bambino vide più volte la Madonna, oggi sorge maestoso il Santuario
della Stella, uno dei più importanti dell'Umbria. Di lui poco si parlò:
qualche timido ceno dopo la sua morte. Righetto Cionchi, divenuto in
seguito Fr. Federico, durante la sua vita si studiò di nascondersi
nell'ombra e di custodire gelosamente nel suo cuore il ricordo
dolcissimo dell'incontro con Maria. A Lei volle dare testimonianza di
amore filiale con una vita umile, nascosta, laboriosa e soprattutto
orante nel modesto ufficio di sacrestano. Fr. Federico, per naturale
istinto, rifuggiva quanto potesse richiamare sopra di sé l'attenzione
degli altri: era estremamente allergico alla pubblicità. Sempre
pronto a difendersi, o un modo brusco o scherzoso, da chi volesse
violare la zona proibita della sorprendente avventura dei suoi primi
anni. Un giorno interpellato a questo proposito, rispose argutamente:
«Per l'appunto anch'io ho sentito questa notizia...». Rievocare la
sua umile e mite figura, non vuol dire fare di lui un santo, ma far
riecheggiare con la memoria della sua mirabile vita il cantico che
egli volle innalzare alla Vergine. Riaffermare con la forza di una
vita religiosa vissuta e sofferta, l'eccellenza di un'esistenza
consacrata "nascosta con Cristo in Dio". La vita dell'umile
sacrestano di S. Maria Maggiore di Treviso è un'autentica
testimonianza silenziosa, ma eloquente e penetrante.
Tramonto
mariano
Al primo
spuntare del 31 maggio 1923, in una disadorna cameretta della Casa
religiosa somasca di S. Maria Maggiore in Treviso, si spegneva un
umile Religioso Coadiutore, per quarant'anni infaticabile sacrestano
della Chiesa. Quando la salma fu composta con l'abito religioso
somasco, il Superiore depose sopra il petto del defunto, come un
sigillo, la medaglia d'argento della Madonna della Stella. Quel giorno
31 maggio per lo scomparso era un giorno memorando: l'anniversario
della apparizione della Madonna a lui bambinello nella Valle Spoletina.
Chi era quel Religioso? Era Fr. Righetto, Federico Cionchi. Il giorno
stesso della morte, l'Attuario del Convento così scriveva nel libro
degli Atti: «31 maggio 1923. Questa mattina, mezz'ora dopo la
mezzanotte fummo tutti svegliati dall'infermiere di Fr. Federico,
perché questo, mentre prima sembrava abbastanza quieto e cosciente in
quell'ora aveva subito una forte crisi, che faceva temere non lontana
la sua fine. Il Padre Superiore gli amministrò l'Olio santo e poi
raccomandò l'anima. Continuando l'agonia, sempre calma, ma in uno
stato di incoscienza (per quanto sembrava a noi) il Padre Superiore
intonò il Santo Rosario per ottenere dalla Vergine Santissima la
grazia per il suo diletto Righetto che potesse spirare nel bacio del
Signore. Verso l'una e mezzo il nostro carissimo Confratello cessava
serenamente di vivere; tutti quei di famiglia edificati di una morte
così santa. Il Padre Superiore comunicò tosto la sua dipartita al
Rev. mo Padre Generale e al Superiore dei Padri Passionisti del
Santuario della Stella». La coincidenza della data della morte con
quella del giorno anniversario dell'apparizione della Madonna, venne
autorevolmente evidenziata dalla Rivista dell'Ordine somasco: «Non
possiamo tuttavia lasciar passare sottosilenzio un particolare
riguardante il compianto Fr. Federico Cionchi, chenon fu notato nella
lettera mortuaria spedita ai Superiori delle nostre case. La Vergine
Santissima, che l'aveva visitato bambino di cinque anni, lo volle al
Cielo nel dì anniversario della sua Apparizione. Questa coincidenza
di data che può sembrare a taluno fortuita, è per noi molto
eloquente considerato che "Dei nutibus vitae nostrae momenta
decurrunt». (Bollettino dell'Ordine Somasco. Gennaio 1924).
Profumo
di Cristo
Durante
tutta la sua vita Fr. Righetto Cionchi ebbe la preoccupazione di
scomparire agli occhi di tutti; di tener gelosamente nascosto il
segreto dell'incontro con la Celeste madre. Il velo di silenzio
in cui si era avvolto e l'intensa attività del suo ufficio di
sacrestano in una chiesa così assorbente come quella di S. Maria
Maggiore in Treviso, escludevano decisamente ogni inutile ripiegamento
sopra se stesso. I Superiori, con tatto e illuminata prudenza, nelle
relazioni con il Religioso non hanno mai esternamente tenuto conto
delle apparizioni e della fama che egli si era acquistata. Come se
tutto questo non fosse mai accaduto. Il Fratello d'altronde ne era ben
felice, perché corrispondeva perfettamente a quanto egli intimamente
desiderava: «Conservava tutto nel suo cuore» (Lc 2, 51) come Maria.
La Signora Matilde Bressanin Della Rovere dice: «La vita di Fr.
Federico non aveva niente di particolare: solo sempre sorridente,
sempre correre per attività e sempre unta la tonaca per la
sorveglianza delle lampade ad olio– Fr. Federico, credo, era un
santo; e per questo non sembrava una persona straordinaria, la sua
vita era sempre la stessa, senza dare nell'occhio». Quando egli morì,
la fama della sua santa vita si affermò, non solo nella Casa
religiosa e nella Congregazione, ma anche nell'ambito della
Parrocchia-Santuario dove per oltre quarant'anni lavorò oscuro,
infaticabile operaio del Signore. Il Superiore, P. Giovanni Zonta, il
giorno stesso della morte scrivendo ai Superiori delle Case
dell'Ordine, dopo aver rilevato che il Religioso era morto "con
edificante rassegnazione", così proseguiva: «Non sarebbe facile
esporre a parole la vita operosa e instancabile di questo nostro
Fratello durante i quarant'anni trascorsi nel suo modesto ufficio, ma
ben lo rammentano i parrocchiani tutti e i moltissimi cittadini
frequentanti la nostra Chiesa, i quali lo hanno sempre stimato e
amato. Infatti, oltre alla devozione filiale da lui sempre dimostrata
alla Santissima Vergine e la cura speciale per il di Lei altare,
quanti ebbero l'avventura di conoscerlo, non possono fare a meno di
ricordarne la molteplice attività, la gentilezza dei modi, l'indole
gioviale e soprattutto lo zelo pel decoro della casa del Signore,
unito ad una modestia esemplare, per la quale non parlava mai con
alcuno della grazia insigne ricevuta nella sua tenera età. Anche nei
riguardi della vita religiosa, quantunque abbia bramato di rimanere
tra noi nella semplice qualità di Ospite, fu sempre esempio agli
altri di pietà, di obbedienza, di povertà e di ogni altra bella virtù,
tanto che il 15 maggio 1910 sentì vivo il bisogno di stringersi a Dio
emettendo privatamente e segretamente i tre voti, come ebbe a
manifestarmi durante la sua ultima infermità. Io nutro quindi fiducia
che l'anima del nostro caro estinto, purificata dalle gravi e
prolungate sofferenze, nonché per la certa protezione della sua
augusta Patrona, possa avere spiccato direttamente il volo alla patria
dei giusti, come egli stesso ne aveva la ferma speranza». (Lettera
mortuaria). P. Zonta fu Superiore della Casa di S. Maria Maggiore in
Treviso dal 1919. Egli assistette Fr. Federico negli ultimi anni della
sua vita e ne consegnò in morte la bella anima a Dio. Ebbe modo di
conoscerlo profondamente e di godere della sua particolare confidenza:
la sua testimonianza quindi è del massimo valore.
Dal sito dei
Padri Somaschi
|
Indietro |
|