E' VENUTO A PORTARE LA VITA


Da alcuni anni, l’11 febbraio, giorno in cui la Chiesa ricorda l’apparizione di Maria a Lourdes, è stato associato a un evento importante: la Giornata Mondiale del Malato. L’anno 2002 ne segna la decima celebrazione, che avrà luogo presso il Santuario della “Madonna della Salute” a Vailankanny, nell’India meridionale, noto come “la Lourdes dell’Oriente”. Per tale occasione, il Papa ha inviato a tutti gli ammalati il suo caloroso messaggio.


Certe dell’immancabile aiuto della Madre di Dio per le loro necessità, con devozione e fiducia profonde, milioni di persone raggiungono il santuario di Vailankanny che non attrae solo pellegrini cristiani, ma anche molti seguaci di altre religioni, in particolare indù che vedono nella Madonna della Salute la Madre premurosa e compassionevole dell’umanità sofferente. In una terra dall’antica e profonda religiosità, questo santuario dedicato alla Madre di Dio è veramente un punto di incontro per membri di diverse religioni e un esempio eccezionale di armonia e scambio interreligiosi.
La Giornata Mondiale del Malato inizierà con un momento di intensa preghiera per quanti soffrono e sono infermi. In tal modo esprimeremo a quanti soffrono la nostra solidarietà che nasce dalla consapevolezza della natura misteriosa del dolore e del suo ruolo nel progetto di amore di Dio per ogni individuo. La Giornata continuerà con una riflessione e uno studio sulla risposta cristiana al mondo della sofferenza umana che sembra aumentare di giorno in giorno, non da ultimo per calamità causate dall’uomo e per scelte insane operate da individui e da società. Nel riesaminare il ruolo e il compito delle strutture sanitarie e degli ospedali cristiani e del loro personale, questa riflessione sottolineerà e riaffermerà gli autentici valori cristiani che dovrebbero ispirarli. Seguire le orme di Gesù, il Divino Taumaturgo, che è venuto “perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10) – tema della riflessione della Giornata – implica una presa di posizione chiara a favore della cultura della vita e un impegno totale per la difesa della vita dal concepimento fino alla morte naturale.

La sofferenza

tocca l’essenza dell’uomo.
Cercare nuovi ed efficaci modi per alleviare la sofferenza è giusto, ma la sofferenza rimane un fatto fondamentale della vita umana. In un certo senso essa è profonda quanto l’uomo stesso e ne tocca la stessa essenza
(cf Salvifici doloris, n.3). La ricerca e le cure mediche non spiegano totalmente né vincono completamente la sofferenza. Nella sua profondità e nelle sue molte forme, essa va considerata da un punto di vista che trascende l’aspetto meramente fisico. Le varie religioni dell’umanità hanno sempre cercato di rispondere alla questione del significato del dolore e riconoscono la necessità di mostrare a quanti soffrono compassione e bontà.
Per tale motivo le convinzioni religiose hanno dato origine a pratiche mediche volte a curare e guarire dalla malattia, e la storia delle varie religioni narra di forme organizzate di assistenza sanitaria esistenti già in tempi molto antichi.
Sebbene la Chiesa ritenga che nelle interpretazioni non cristiane della sofferenza siano presenti elementi validi e nobili, la sua comprensione del grande mistero umano è unica. Per scoprire il significato fondamentale e definitivo della sofferenza dobbiamo volgere il nostro sguardo verso la rivelazione dell’amore divino fonte ultima del senso di tutto ciò che esiste.

In Gesù la sofferenza è redenta

La risposta alla domanda sul significato della sofferenza è stata data da Dio all’uomo nella croce di Gesù. La sofferenza, conseguenza del peccato originale, assume un nuovo significato: diviene partecipazione all’opera salvifica di Gesù Cristo (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1521). Attraverso la sofferenza sulla Croce, Cristo ha prevalso sul male e permette anche a noi di vincerlo. Le nostre sofferenze acquistano significato e valore se unite alle Sue. In quanto Dio e uomo, Cristo ha assunto su di Sé le sofferenze dell’umanità e in Lui la sofferenza umana stessa assume un significato di redenzione. In questa unione fra l’umano e il divino, la sofferenza manifesta il bene e supera il male. Nell’esprimere la mia profonda solidarietà a quanti sono nel dolore, elevo fervide preghiere affinché la celebrazione della Giornata Mondiale del Malato sia per loro un momento provvidenziale in grado di aprire un nuovo orizzonte di significato nella loro vita.
La fede ci insegna a ricercare il significato ultimo della sofferenza nella Passione, Morte e Risurrezione di Cristo. La risposta cristiana al dolore e alla sofferenza non è mai caratterizzata da passività. Spinta dalla carità cristiana, che trova la sua suprema espressione nella vita e nelle opere di Gesù, che “passò beneficando”
(At 10,38), la Chiesa viene incontro ai malati e ai sofferenti, offrendo loro conforto e speranza. È motivata dalla compassione e dalla sollecitudine che portano a un premuroso e generoso servizio. Ciò implica il dono generoso di sé agli altri, in particolare a coloro che soffrono. La parabola evangelica del Buon Samaritano spiega molto bene i sentimenti più nobili e la reazione di una persona di fronte a un altro essere umano sofferente e bisognoso. Il Buon Samaritano è colui che si ferma per prendersi cura di quanti soffrono.

Il dono di sé

Penso qui agli innumerevoli uomini e donne in tutto il mondo che operano nel campo dell’assistenza sanitaria, quali direttori di centri sanitari, cappellani, medici, ricercatori, infermieri, farmacisti, personale paramedico e volontari. Durante le mie visite alla Chiesa in diverse parti del mondo sono rimasto, in numerose occasioni, profondamente commosso dalla straordinaria testimonianza cristiana di vari gruppi di operatori sanitari, in particolare nel campo dei disabili e dei malati terminali, così come di quanti lottano contro la diffusione di nuove malattie quali l’Aids. Con la celebrazione della Giornata Mondiale del Malato, la Chiesa esprime la sua gratitudine e il suo apprezzamento per il servizio disinteressato di molti sacerdoti, religiosi e laici impegnati nell’assistenza sanitaria, che si occupano generosamente dei malati, dei sofferenti e dei morenti, traendo forza e ispirazione dalla fede nel Signore Gesù e dall’immagine evangelica del Buon Samaritano.
Il comando del Signore durante l’Ultima Cena: “Fate questo in memoria di me”, oltre a riferirsi alla frazione del pane, allude anche al corpo offerto e al sangue versato da Cristo per noi
(cf Lc 22,19-20), in altre parole, al dono di sé agli altri.
Un’espressione particolarmente significativa di questo dono di sé è il servizio ai malati e ai sofferenti. Perciò chi si dedica ad esso troverà sempre nell’Eucaristia una fonte inesauribile di forza e uno stimolo a una generosità sempre nuova.

La Chiesa difende la vita

Nell’approccio ai malati e ai sofferenti, la Chiesa è guidata da una visione precisa e completa della persona umana “creata a immagine di Dio e dotata di dignità e diritti umani inalienabili” (Ecclesia in Asia, n. 33). Di conseguenza, la Chiesa insiste sul principio che non tutto ciò che è tecnicamente fattibile è moralmente ammissibile. I recenti ed enormi progressi e le capacità della scienza medica danno a noi tutti una grande responsabilità riguardo al dono della vita che Dio ci offre e che resta sempre tale in tutte le sue fasi e in tutte le sue condizioni. Dobbiamo vigilare contro qualsiasi violazione e soppressione della vita. “Siamo... i custodi della vita, non i proprietari... Dal momento del concepimento, la vita umana coinvolge l’azione creatrice di Dio e rimane per sempre in un legame speciale con il Creatore sorgente della vita, e suo unico termine” (Ecclesia in Asia, n. 35).
Saldamente radicate nella carità le istituzioni sanitarie cristiane continuano la missione di Gesù di assistenza ai deboli e ai malati. Sono certo che, in quanto luoghi nei quali si afferma e si assicura la cultura della vita, essi continueranno a soddisfare le aspettative che ogni membro sofferente dell’umanità ripone in essi. Prego affinché Maria, Salute dei Malati, continui a concedere la sua protezione amorevole a chi è ferito nel corpo e nello spirito e interceda per quanti se ne prendono cura. 

Ella ci aiuti a unire le nostre sofferenze a quelle di Suo Figlio mentre siamo in cammino con gioiosa speranza verso la salvezza della Casa del Padre.

Giovanni Paolo II - 11 febbraio 2002

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