Santuario Madonna di Montevergine
- Avellino -
25 maggio 1124 |
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Il Santuario di Montevergine, a 60 km da
Napoli, 40 da Salerno e 35 da Benevento, presso Avellino, è situato sul
massiccio oggi denominato “Partenio” (1270 m), ma un tempo variamente
chiamato: “monte di Cibele”, “monte Virgiliano o di Virgilio”, “monte
Vergine”. La sua origine è dovuta all’opera di San Guglielmo da Vercelli,
vissuto negli anni 1085-1142.
Tempi quanto mai calamitosi quelli, sia per la Chiesa che per la società
civile; fervono le “lotte per le investiture”, le guerre contro i Normanni
per il dominio dell’Italia Meridionale, e le spedizioni per la riconquista
della Terra Santa, con le prime Crociate. Tra i grandi protagonisti di
queste vicende storiche, tutti eroicamente instancabili, possiamo
ricordare San Pier Damiani, San Gregorio VII, Sant’Anselmo di Aosta, San
Bernardo di Chiaravalle, Pietro l’Eremita, e tanti altri.
Su questo sfondo politico e religioso, in questo ambiente di lotta per la
causa santa della liberazione del Santo Sepolcro dalla dominazione
musulmana, a Vercelli, verso l’anno 1085, nasce Guglielmo da nobile e pia
famiglia. Presto orfano di entrambi i genitori, a 15 anni veste l’abito
monastico, ma sentendosi fortemente incline a peregrinare ai più celebri
santuari della cristianità, intraprende il pellegrinaggio verso San
Giacomo di Compostela, visitando nel contempo diversi santuari minori che
incontra in terra straniera. Dopo alcuni anni rientra in Italia e, figlio
genuino del suo tempo, sente ardente il desiderio di andare pellegrino a
Gerusalemme. Allo scopo però di prepararsi bene, intellettualmente e
spiritualmente, si ferma in solitudine, per qualche tempo presso Melfi, e
poi più a lungo, sul monte Serico presso Atella, dove addirittura opera un
miracolo, ridonando la vista ad un povero cieco.
La fama di santità che si conquista con la sua vita penitente, gli reca
lodi ed ammirazione, che procurano grande fastidio alla sua umiltà, per
cui decide di riprendere il bastone del pellegrino e di rimettersi in
viaggio verso Gerusalemme. Lungo il cammino per Brindisi, da dove sarebbe
salpato alla volta della Palestina, si ferma a Ginosa per una breve visita
a San Giovanni da Matera, ed al monastero da lui fondato. Il santo Abate,
ispirato da Dio, fa presente a Guglielmo che il Signore non lo vuole in
Oriente, ma in Occidente dove può fare un bene maggiore. Nonostante la
stima e l’amicizia, Guglielmo non accetta il consiglio del santo, e
riprende il cammino.
Qualche giorno dopo però, nei pressi di Oria incappa in alcuni ladroni che
lo malmenano crudelmente. Sotto quelle battiture, Guglielmo capisce
chiaramente che i disegni di Dio sulla sua persona e sulla sua opera sono
diversi da quelli che egli va sognando, camminando verso Gerusalemme, e
ritorna a Ginosa. I consigli di San Giovanni da Matera ed un intimo
colloquio con Dio, lo aiutano a vedere delineata la nuova via che il
Signore ha tracciato per lui. Attraversa la Lucania, giunge nell’Irpinia
in vista del monte Vergine e sente che il Signore lo vuole su quel monte
per accendervi un faro luminoso di vita e di fede.
«Su quell’alta montagna, a 1270 metri sul mare,
in una piccola conca creata dall’incontro di due opposti declivi di monti,
si fa costruire una piccola cella, ed ivi per un anno rimane solo nella
più assoluta solitudine, tutto dedito alla più alta contemplazione, a
contatto con orsi e con lupi, che però non osano recargli alcun male».(1)
Ben presto la fama di santità di Guglielmo si diffonde, e giunge il primo
discepolo che sarà anche il primo testimone e la prima fonte di
informazione sulla vita del santo. E dopo il primo, altri discepoli
chiedono di poter vivere nella solitudine sull’esempio di Guglielmo. A
tutti il Santo dà come norma di vita “Preghiera e Lavoro”, compendio della
regola di San Benedetto. Sorge quindi, con il crescere della comunità, la
necessità di costruire su quel monte una chiesa in cui poter celebrare
meno indegnamente le lodi di Dio e le sacre funzioni. Durante una delle
sue meditazioni, la Vergine apparve al santo, esortandolo ad
erigere un santuario sul luogo ove prima veniva praticato il culto di
Cibele.
«Un’antica tradizione vuole che la consacrazione
di questa prima chiesa a Montevergine si sia verificata nella Pentecoste
del 1124, che in quell’anno cadeva il 25 maggio». (1)
San Guglielmo, desideroso sempre di solitudine, inizia altri eremi
nell’Italia Meridionale e chiude la sua vita nel monastero di San
Salvatore del Goleto, nel territorio di Sant’Angelo dei Lombardi (AV), nel
1142.
Chi entra oggi nella
Basilica-Cattedrale rimane estasiato dalla grande Icona della
Madonna, alta più di due volte del naturale (metri 4,30 u 2,10).
La Vergine, in posa regale, è seduta in trono tra Angeli, ed indica
con la mano il Bambino Gesù che tiene in grembo, secondo il modello
orientale dell’Hodigitria, cioè della Madonna, Via a Gesù, che
conduce a Lui. L’origine di questa grandiosa Icona è ancora avvolta
nel mistero. |
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La tradizione secolare la indica, almeno
per l’ovale del volto, come dono dell’Imperatrice Eudossia, venerata in
Antiochia, quindi a Costantinopoli, ed infine giunta in Italia come
bottino delle Crociate.
Di certo, da otto secoli e più, schiere innumerevoli di fedeli salgono
ogni anno al Santuario per venerare la Vergine, porgere a Lei le proprie
suppliche ed i ringraziamenti per le tante grazie ricevute.
Don Mario Morra SDB
Rivista "Maria Ausiliatrice", maggio 2005
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San Guglielmo
di Montevergine (da Vercelli) Abate
25 giugno
Vercelli, 1085
- Goleto, Nusco, 24 giugno 1142
Nobile, divenuto monaco,
decise di recarsi in Palestina. Lungo il cammino si fermò in
Irpinia dove fondò la Congregazione Benedettina di
Montevergine, con caratteristiche cenobitiche. Sentendo il
bisogno di solitudine, nominò il suo successore nella
Congregazione, che abbandonò per poi fondare altri monasteri,
fra cui quello di San Salvatore, diviso in due parti destinate
rispettivamente ai religiosi e alle religiose. La sua opera
infaticabile lo portò ancora più lontano verso Rocca San
Felice, Foggia e Troia. L'ideale di vita ascetica da lui
proposto, sostanzialmente legato alla Regola benedettina,
faceva parte del movimento spirituale che cercava una Regola
più pura e dava maggior spazio alla preghiera e alla
contemplazione.
Patronato:Irpinia
Etimologia: Guglielmo = la
volontà lo protegge, dal tedesco
Emblema: Bastone pastorale,
lupo |
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La sua statua in San Pietro a Roma
ha un lupo accovacciato ai piedi, in ricordo di un prodigio che gli
attribuisce la tradizione. Quando viveva da eremita sui monti,
l’asino che era il suo prezioso mezzo di trasporto fu sbranato da un
lupo, che poi Guglielmo prodigiosamente trasformò in mansueto
animale da soma. Di Guglielmo non conosciamo i genitori,
probabilmente nobili. Lo incontriamo quindicenne, già vestito da
monaco e in viaggio come pellegrino. Cammina per mesi e per anni. Va
a San Giacomo di Compostella, poi a Roma, poi si avvia verso la
Puglia: vuole imbarcarsi per la Terrasanta. Ma lo dissuadono
dapprima un futuro santo, Giovanni da Matera, da lui incontrato a
Ginosa (Taranto); e poi alcuni rapinatori presso Oria (Brindisi) che
lo picchiano selvaggiamente perché delusi dalle sue tasche vuote.
"Non è lì che ti vuole il Signore", gli ha detto Giovanni. E lui,
dopo indecisioni e prove, va infine a stabilirsi sui 1.500 metri di
Montevergine, nel gruppo appenninico del Partenio, presso Avellino.
Terra ancora di orsi e di lupi, dove vive da solo per un anno.
Poi arrivano altri uomini (e alcuni sacerdoti) attratti dalla vita
eremitica, che intorno a lui formano una comunità. Ma poi salgono
anche i pellegrini, i “fedeli”, a cui bisogna predicare e
amministrare i sacramenti, nella chiesetta consacrata nel 1124.
Guglielmo ha adottato la Regola benedettina con marcata
accentuazione eremitica, ma quest’affluenza di gente rende
necessaria anche un’attività pastorale, una “cura d’anime”.
Nel 1128 egli affida la comunità al futuro beato Alberto e va a
stabilirsi in Lucania sul monte Cognato, dove presto nasce un
monastero; e quando è ben stabilito, ecco che Guglielmo riparte
fermandosi a Goleto, ancora nell’Avellinese. Qui per un anno gli
serve da cella il cavo di un gigantesco albero, e qui ancora nasce
un monastero. “Doppio”, anzi; ossia con una comunità maschile e una
femminile, ognuna con propria sede e propria chiesa.
Il Meridione d’Italia “adotta” affettuosamente questo piemontese.
Altri monasteri egli fa nascere in Irpinia e in Puglia:
"moltissimi", dice la sua prima biografia del XII secolo. Così si
forma quella che sarà chiamata Congregazione Benedettina di
Montevergine, e che avrà vita plurisecolare. Nel 1879 si fonderà poi
con la Congregazione Cassinese.
Guglielmo muore nel monastero del Goleto, e nelle sue comunità
s’incomincia subito a venerarlo come santo. Alcuni vescovi
autorizzano anche il culto pubblico, che sarà poi esteso a tutta la
Chiesa nel 1785. Il suo corpo verrà traslato nel 1807 dal Goleto a
Montevergine, dove si trova tuttora. E lo stesso monastero, per
tutta la durata della seconda guerra mondiale, sarà il rifugio
segreto e sicuro della Santa Sindone di Torino.
Autore: Domenico
Agasso Fonte: Famiglia Cristiana |
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