MA IL CODICE DA VINCI E’ UNA BARZELLETTA…
20.05.2006
IL CICLONE SULLA
CHIESA SI CHIAMA JOSEPH RATZINGER…
Dan Brown imbarazzante e scomodo per la Chiesa Cattolica? Ma figuriamoci.
Ho l’impressione che “Il Codice da Vinci” cominci a diventare un alibi per
il ceto ecclesiastico e Dan Brown un untorello su cui scaricare la
responsabilità di un immane disastro. Quello veramente scomodo e
imbarazzante, per il mondo clericale, è un altro. Si chiama Joseph
Ratzinger e infatti le sue parole esplosive sono silenziosamente
censurate. Quelle sì fanno tremare i palazzi del potere curiale.
Le baggianate del “Codice da Vinci” sono vecchie fantasie esoteriche,
senza fondamento storico, che già da decenni erano stampate. Ce ne sono a
valanghe di bubbole simili. Le origini più remote di tali mitologie stanno
nelle antiche eresie gnostiche che avevano orrore del creato e della
carne, quindi dell’Incarnazione di Dio e della donna. Eresie che
riemergevano come un fiume carsico, per esempio con i Catari, nel
medioevo. Il Cantico delle creature di san Francesco era proprio un inno
“anticataro”, una celebrazione della bontà della creazione. Perché il
cristianesimo è profondamente materialista: i suoi due fondamenti sono
addirittura l’Incarnazione di Dio e la resurrezione dei corpi.
Il “Codice da Vinci”, alla fine, in questi giorni, ha fatto scattare una
specie di gara allo sberleffo nel ceto colto. A Cannes i critici hanno
fischiato il film, come una pellicola di serie B., il pubblico pure, gli
esperti d’arte insorgono contro la manipolazione di Leonardo, gli storici
si vergognano di dover discutere di un frullato di corbellerie e
falsificazioni, perfino i musulmani sono insorti e l’Opus Dei gongola: “il
suo libro ci rende più popolari e più forti”.
Certo, è vero che milioni di persone semplici possono abboccare a quelle
corbellerie credendo veramente che Gesù Cristo sia stato il marito della
Maddalena e via burlando. Ma se nella Chiesa, in questi decenni, si fosse
annunciato veramente Gesù Cristo, invece di andare dietro a ogni moda e
ideologia, non sarebbe accaduto. Se non si fosse creduto che parlare di
“temi attuali” (di costume o di politica) fosse più affascinante, per i
contemporanei, che parlare di Gesù di Nazareth, l’unico veramente
affascinante per gli uomini di tutti i tempi…
Se innanzitutto preti, teologi, vescovi non fossero stati “sballottati
dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, come disse
Ratzinger alla vigilia della sua elezione, il 18 aprile 2005, davanti a
tutto il collegio cardinalizio, se avessero fatto conoscere e amare con
passione Gesù Cristo e la bellezza del cristianesimo e avessero dato
ragione della fede della Chiesa, invece di fare a gara per finire sui
media, dicendo la loro su mille questioni marginali (sociali o civili), il
gregge non si sarebbe smarrito dietro ai tanti Dan Brown…
“La piccola barca del pensiero di molti cristiani” disse Ratzinger in
quella memorabile messa, “è stata non di rado agitata… gettata da un
estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal
collettivismo all’individualismo radicale, dall’ateismo ad un vago
misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via”.
E pochi giorni prima, avendo ricevuto l’incarico, da Giovanni Paolo II, di
scrivere i testi della sua ultima solenne Via Crucis, quella del suo
testamento spirituale, Ratzinger scrisse cose che mettono i brividi:
queste sì, oltretutto perché fondate storicamente (a differenza del
“Codice da Vinci”) e perché – si può legittimamente pensare – sottoscritte
da Giovanni Paolo II che le fece leggere davanti al mondo intero, al
Colosseo.
Parlò di “quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa. Quante
volte si abusa del santo sacramento della sua Presenza… Quante volte la
sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c’è in tante teorie…
Quanta sporcizia c’è nella Chiesa e proprio anche tra coloro che, nel
sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia,
quanta autosufficienza!”.
Parole da profeta biblico, che non risuonavano così dai tempi di Caterina
da Siena. Con un’ultima immagine agghiacciante: “Signore, spesso la tua
Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua
da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che
grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma
siamo noi stessi a sporcarli! Siamo noi stessi a tradirti ogni volta, dopo
tutte le nostre grandi parole, i nostri grandi gesti. Abbi pietà della tua
Chiesa”.
Al Sinodo dei Vescovi, in ottobre, rileggendo la parabola dei vignaioli
omicidi che uccidono il Figlio del padrone, fu ancora più chiaro: “La
minaccia di giudizio riguarda anche noi, la Chiesa in Europa… Con questo
Vangelo il Signore grida anche nelle nostre orecchie le parole
dell’Apocalisse: ‘se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo
candelabro dal suo posto’ ”.
Ma a cosa si riferisce in particolare il Papa? A tante situazioni. Il 7
maggio scorso denunciò il carrierismo nella Chiesa: “il tentativo di
arrivare ‘in alto’, di procurarsi una posizione mediante la Chiesa:
servirsi, non servire”. Parrebbe piccola cosa, invece è un flagello
enorme, e le parole del papa sono giudizio storico molto pesante sulla
Chiesa degli ultimi decenni dove la burocrazia ecclesiastica ha invaso e
sostituito la vita cristiana con l’amministrazione e il Verbo si è fatto
carta, uffici, organizzazione, piani, mito dell’efficienza (talora
affari), nell’ennesima emulazione del mondo.
“Sicchè oggi” si legge in un libro di Ratzinger “la chiesa è divenuta per
molti l'ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa
altro che l'ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che,
con la loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano
per lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo”.
Questo è ovviamente ingiusto, ma certo la gente non avrebbe cercato di
placare la sua fame e la sua sete di Gesù Cristo a sorgenti avvelenate
come “Il Codice da Vinci” se avesse potuto scorgerne il volto nella sua
Chiesa, se non avessimo trasformato seminari e università teologiche in
aride officine di demolizione della fede e dei vangeli, se il potere
ecclesiastico non avesse perseguitato i santi (padre Pio per dirne solo
uno, ma anche don Giussani e tanti altri), se non si fossero coperte di
sarcasmi le grazie soprannaturali arrivando a sbeffeggiare la Madonna
perché osava apparire a Fatima o irriderla addirittura come
“chiacchierina” perché a Medjugorje ha avuto la pietà di stare così tanto
fra i suoi figli per soccorrerli.
Eppure non è certo dall’intelligenza dei teologi che rinasce il
cristianesimo, ma dall’imprevisto accadere della grazia e dallo Spirito
Santo che soffia dove vuole. Il Papa l’ha detto chiaramente mercoledì
scorso parlando di San Pietro: “noi, come Pietro, sempre di nuovo dobbiamo
convertirci. Dobbiamo seguire Gesù e non precederlo: è Lui che ci mostra
la via. Così Pietro ci dice: Tu pensi di avere la ricetta e di dover
trasformare il cristianesimo, ma è il Signore che conosce la strada. E’ il
Signore che dice a me, che dice a te: seguimi! E dobbiamo avere il
coraggio e l’umiltà di seguire Gesù”.
La Chiesa fedele a Cristo non ha temuto le più crudeli persecuzioni, come
può dunque temere un romanzaccio?
Di Antonio Socci
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